In occasione del Natale, le lettere di auguri scritte dai nostri missionari in Etiopia, Turchia e Centrafrica
Dall’Etiopia
Carissimi Amici e Benefattori della Missione del Dawro Konta, in Etiopia, è arrivato il momento di scambiarci gli AUGURI di BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO!!
Il tempo di Natale e Capodanno è normalmente tempo di Grazia e di Pace preparato per noi da Dio Padre: per noi sfortunatamente questo periodo è stato caratterizzato da varie controversie da affrontare. Infatti assieme alla ventata di rinnovamento democratico conseguente alla elezione del nuovo Primo Ministro, sono seguiti moti di instabilità e insofferenza tra le varie tribù, spesso a spesa dei più poveri e diseredati!
L’annuncio degli Angeli agli uomini di buona volontà è certamente un richiamo all’unità di intenti per accogliere Gesù Bambino, preghiamo che sia anche per noi in Etiopia un richiamo forte ad una nuova collaborazione tra tribù e convivenza pacifica fra gli uomini di buona volontà.
Dio Padre ha preparato questo avvenimento fino dall’eternità; diamo il nostro contributo di buona volontà e di preghiere affinché questo Santo Natale e Anno Nuovo siano veramente pacifici e riportino la totale tolleranza interreligiosa e sociale in Etiopia, famosa in passato anche per questo.
Grazie per averci sostenuti generosamente in questi anni con la vostra amicizia, preghiere e carità.
A tutti voi: BUON SANTO NATALE E FELICE ANNO NUOVO
da fr. Renzo Mancini
e tutti i Missionari del Dawro Konta
Dalla Turchia
“Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Egli ama” (????????: in cui si compiace). Nel vangelo di Luca (2,14) è questo il canto degli angeli davanti ai pastori la notte di Natale, un messaggio di gioia che ancora la chiesa porta nel mondo.
Il Dio del cielo si è chinato sull’umanità come fa un tenero padre sulla culla del suo primogenito. Un piegarsi e farsi piccolo a tal punto da assumere quella carne facendo di quella natura, da lui stesso creata, una inscindibile parte di sé e donandosi definitivamente ad essa rendendola partecipe della propria divinità. A tal punto Dio ha amato il mondo e continua ad amarlo in ogni singolo uomo, soprattutto in chi è più lontano dall’accogliere questo messaggio.
I pastori che vegliavano fuori dalla città nella notte hanno potuto vedere la gloria di Dio cantata dagli angeli e si sono presentati a Gesù, nella loro povertà, per rendergli lode. I ricchi e potenti, chiusi nei loro caldi palazzi, non hanno visto né udito un annuncio che voleva essere, anche per loro, proposta di salvezza e richiamo alla conversione: Dio vi ama incondizionatamente ma per accogliere questo amore e avere la vita occorre che vi stacchiate da tutto ciò che si frappone tra il vostro cuore e il suo, occorre che vi inginocchiate davanti ad un bambino fragile e indifeso, che vi mettiate alla sequela di un profeta sconfitto e crocifisso. Ecco allora che anche la traduzione di questo versetto offertaci da Girolamo: “… e pace in terra agli uomini di buona volontà” prende senso. L’amore è potente ma non ci sottrae al compito di una risposta libera e impegnativa; la pace del cuore scaturisce da un impegno costante di conformazione a Gesù, dalla culla alla croce, cibo di vita sull’altare e luce nella risurrezione.
La missione portata avanti dalla chiesa qui in Turchia si svolge sulle tracce dei primi testimoni di Gesù che, dopo i pastori, furono dei poveri pescatori di Galilea insieme a pubblici peccatori che trovarono il senso della loro vita nello sguardo di chi ha saputo trasmettere loro la predilezione di Dio. Questa terra è stata calcata dai passi degli apostoli e dei loro discepoli diretti, le nostre comunità vivono nei luoghi dove la prima volta è risuonata la parola del vangelo.
Fare memoria delle nostre radici ci aiuta in un cammino non facile dentro un mondo che non accetta lo stile di relazioni fraterne suggerito dal vangelo. Qui non ci si può rifugiare sotto le macerie di nessuna civiltà cristiana, né sperare negli alibi forniti da modelli clericali in declino, chi lo facesse sarebbe destinato ad una vita da fuggiasco paranoico. La Turchia ci chiede di essere autenticamente cristiani, vicini all’umanità ferita dei fratelli perché profondamente uniti al Dio che si compiace di ogni sua creatura. Aperti e accoglienti verso tutti: verso i credenti di altre religioni, dei quali è difficile leggere il cuore e capire le reali intenzioni che li spingono ad approcciarsi a noi; verso i fratelli cristiani, separati dalle differenze culturali e da secoli di incomunicabilità; verso i membri delle nostre comunità, combattuti tra la sequela di Cristo e la logica del mondo che sembra via larga e comoda; verso i nostri confratelli come verso noi stessi, che allo stesso modo viviamo il dilemma tra la promessa fatta a Dio di servirlo incondizionatamente e l’istinto di metterci al centro.
Ci vuole davvero tanta “buona volontà” quando il contesto politico e sociale non favoriscono la libera espressione dell’umanità di ognuno con i suoi diritti e legittime aspettative. Quando le relazioni con chi dice di credere in Dio sono troppo spesso viziate da interessi mondani e la religione viene strumentalizzata. Quando l’esiguo numero e le divisioni interne delle nostre comunità ci fanno mancare quel supporto umano dal quale spesso trae alimento anche la nostra fede in Dio.
Grazie a Dio la nostra piccola volontà viene sostenuta da tanti segni luminosi: non mancano ogni anno uomini e donne che si affidano a noi per fondare la loro vita nel Signore che li ha conquistati in modi misteriosi e meravigliosi.
Celebrare il battesimo di adulti è come una iniezione di Spirito Santo per l’intera comunità.
Non mancano occasioni di vera vicinanza con i fratelli delle antiche chiese orientali. Lasciatemi ricordare il cammino che si sta compiendo a Istanbul per realizzare – sul terreno del nostro cimitero – la chiesa della comunità Siro-ortodossa: il processo civile per veder riconosciuta la proprietà del terreno che ci ha visti vincitori per ora in primo grado, l’accordo tra i responsabili delle due comunità, la celebrazione ecumenica che recentemente ha visto unite le due comunità che da un trentennio condividono la nostra chiesa di Yesilkoy. Non mancano le occasioni di servizio ai poveri, soprattutto rifugiati in fuga dalle guerre del Medioriente: proprio loro sono le pietre vive che unite a noi dal cemento della carità edificano la chiesa in questa terra benedetta.
È quindi con il cuore pieno di riconoscenza che voglio concludere queste righe. Il mio grazie, insieme a quello di tutti i missionari presenti in Turchia, oltre che a Dio, giunga a tutti voi che sostenete il nostro lavoro attraverso la preghiera, l’aiuto materiale e la vicinanza umana.
Augurandovi un Natale pieno della benedizione del Signore vi invito tra noi per conoscere meglio le radici della nostra fede e sperimentare di persona la forza del vangelo che si manifesta nella debolezza. I nostri centri missionari vi possono aiutare in tanti modi per rispondere a questo invito e per questo desidero ringraziare anche tutti gli animatori, lavoratori e volontari di Imola e San Martino.
Pace e Bene!
Comunità di Yesilkoy – Istanbul
fr. Pawel Szymala e fr. Michele Papi
Dal Centrafrica
Cari amici,
l’anno che volge al termine non ha portato miglioramenti di rilievo nella situazione del paese. A parte il grave attentato terroristico del 1° maggio, nella chiesa della Madonna di Fatima, rimasto fortunatamente un atto isolato, circa due terzi del territorio rimane controllato da gruppi armati irregolari. Il governo cerca il dialogo proponendo un programma di disarmo, smobilitazione e reinserimento nella società, ma i tempi sono lunghi. Così le statistiche indicano che quasi metà della popolazione centrafricana è denutrita, il 40% dei bambini incorre in arresto della crescita con un tasso di mortalità del 13% per gli inferiori a 5 anni di età. Cause principali le violenze e gli sfollamenti di massa causati dal conflitto. Centinaia di migliaia di persone sono state costrette a fuggire abbandonando abitazioni, terre e mezzi di sostentamento. L’insicurezza mette poi a rischio molti progetti umanitari. Però la realtà globale è più complessa.
L’ Africa è ricca in risorse umane e materiali. Vi sono buone notizie in molte nazioni (come il Ruanda) uscite da lunghi anni di guerra che si incamminano progressivamente verso la prosperità. A Bangui, in settembre, il cardinale Dieudonné Nzapalainga ha aperto l’anno pastorale con un convegno ecumenico, molto partecipato dalle varie confessioni religiose. Si cerca di guardare al di là delle differenze per unire gli sforzi nel cammino della pace. Il Natale è atteso, vissuto e preparato con grande entusiasmo dalla gente. Si contempla il mistero, la sorpresa per un Dio che lascia la sua grandezza e diviene un bambino povero e fragile facendosi vicino ai perdenti della storia. Nei paesi materialmente e tecnologicamente ricchi, il dominio crescente dell’uomo sulle realtà del mondo, la capacità di anticipare gli avvenimenti riducendoli a qualcosa di prevedibile, lasciano poco spazio alla vigilanza e all’attesa. Si tratta piuttosto di previdenza. L’uomo africano, invece, sente che gli mancano le risorse per giungere da solo alla propria realizzazione e, nella sua povertà, cerca e trova più facilmente il Dio che salva.
Un sentito grazie a tutti i collaboratori della Missione con i migliori auguri.
Fr. Antonio Triani
Missionario in Centrafrica